Ho curato l'impaginazione e la copertina per il libro "Il cinema di David Lean" di Daniele Errera e Livio Ricciardelli, per la casa editrice Edizioni Efesto di Roma.
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Libro - Il cinema di David Lean
- Categoria
- Grafica Editoriale
- Cliente
- Edizioni Efesto, Roma
- Periodo
- Maggio 2018
- Caratteristiche
- 300 pagine, brossura, carta usomano avoriata, copertina su carta patinata opaca
- Sinossi
- David Lean è un nome che dice poco alla stragrande maggioranza delle persone.
Ma praticamente tutti conosciamo il frutto del suo lavoro. Il geniale regista di film come Lawrence d'Arabia, Il Dottor Zivago, Il Ponte sul Fiume Kwai, ma anche del più intimista Breve Incontro, è stato considerato un maestro del cinema britannico e mondiale per decenni, arrivando ad aggiudicarsi (onore riservato a solo 17 registi in tutta la storia del cinema) per 2 volte il Premio Oscar per la miglior regia.
Di Lean si conoscono i suoi film, ma spesso si ignora il fatto che lui sia il regista. Attraverso il metodo della politica degli autori, ne Il Cinema di David Lean si analizza tutta la filmografia del regista inglese in ordine cronologico, evidenziando affinità e divergenze dei film della sua carriera. In un'ottica in cui tutta la filmografia del regista viene vista attraverso un singolo percorso, finalizzato ad evidenziare come ci sia un filo di continuità e di evoluzione artistica tra opere che gran parte della critica in passato ha analizzato soltanto singolarmente. Un'opera per avvicinarsi e scoprire di più un grande regista della storia del cinema. Ma anche un tentativo di elevare, quello che molti hanno semplicemente definito come un "bravo tecnico", al rango di vero e proprio autore al servizio della settima arte.
"Amava in maniera esagerata i treni. I suoi film ne sono pieni. Il più bello gli era stato regalato da un maraja e saltò in aria davvero, di fronte a 6 cineprese, insieme al ponte sul fiume Kwai del titolo del film. La terribile delusione del protagonista, l'ufficiale inglese che l'aveva progettato e costruito, somiglia a Lean più di qualsiasi altra cosa. Era così che si doveva sentire ogni volta che il film finiva, il set chiudeva e lui doveva cercarsi al più presto un altro set, un altro treno e un altro film", dalla prefazione di Mario Sesti.
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